Secondo la lettura della Gestalt le persone sono esseri esperienziali e relazionali che si nutrono e crescono nel contatto con l'ambiente, al confine con esso.

Parliamo di confine di contatto come il luogo dove emerge l'esperienza, dove si co-costruisce l'equilibrio fra sé e il mondo.

Il confine di contatto è un luogo fluttuante, di interconnessione dove il sé e l'altr* si incontrano, è il punto in cui avviene l'esperienza.


Io mi immagino la linea cangiante che il mare crea con la spiaggia, il bagnasciuga. Bagna-e-asciuga. Separa, distingue e contemporaneamente unisce, collega. Inonda e si ritira, lascia spazio.

Un confine in movimento, molteplice nella sua forma, vivo nel processo eccitante che l'acqua crea ritirandosi e lasciando emergere sassi sempre nuovi dalla sabbia che si muove, o che l'acqua sommerge con vivaci increspature lasciandoci dimenticare il sasso emerso poco prima, che forse avremmo voluto raccogliere.

Ma noi siamo il sasso, e anche l'onda, possiamo entrare nel ritmo del processo, muoverci e influenzare il movimento, oppure estraniarci e confonderci fra la figura e lo sfondo, fra l'onda e il sasso.


Dunque cos'è il contatto? E' l'incontro con una novità esperienziale, è il nostro muoverci consapevolmente per assimilarla o, anche, per rifiutarla. E' un processo di crescita e autenticità.

E il ciclo di contatto è la sequenza graduale delle percezioni, dei sentimenti, le emozioni, i movimenti e le azioni che ascoltiamo, viviamo e agiamo nel flusso dell'esperienza d'incontro con la novità, la figura emergente, il sasso.

Il contatto è la possibilità di assimilare l'esperienza in una crescita. Ciò può avvenire in modo spontaneo e creativo, oppure può incagliarsi in impreviste difficoltà, ansie o paure che modulano o anche interrompono l'esperienza di contatto lasciando aperte situazioni - gestalt - che avranno bisogno di emergere nuovamente come figure, nella prossima onda forse più lenta, da un nuovo sfondo più fertile e nutrito.

Spesso il lavoro terapeutico consiste proprio in questo: sostenere l'eccitazione dell'esperienza di contatto che ha perso la sua spontaneità, il suo presente; nutrire lo sfondo - o 'ripulirlo' - affinchè possa emergere le figure, offrire un sostegno per poter vivere esperienze che curino altre esperienze, co-creare un luogo accogliente per i bisogni che nascono, o riemergono, e che possono trovare forma nel qui e ora della relazione terapeutica.